Virtus Roma, Toti: “Posso avere delle colpe, ma non potevo continuare”

fonte foto: sport.sky.it
VIRTUS ROMA DICHIARAZIONI TOTI – Il patron della Virtus Roma, l’Ing. Claudio Toti ha rilasciato una lunga intervista al ‘Corriere dello Sport’, parlando del ritiro costretto a fare della squadra dal campionato.
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INTERVISTA TOTI AL CORRIERE DELLO SPORT
Toti, la stanno additando come unico responsabile della scomparsa della Virtus. Come l’ha presa?
«Ognuno è libero di dare i propri giudizi e di leggere la situazione come crede. Io la leggo in modo differente. Credo di aver portato avanti una società per vent’anni con le mie sole forze. Nonostante tutte le difficoltà incontrate, ho sempre cercato di dare il massimo per far diventare la Virtus una società il più importante possibile. E per lunghi anni ci sono anche riuscito. Quando sono iniziate le difficoltà, avevo detto che stavo facendo fatica ad espormi economicamente per un club che non era in grado di ottenere ricavi e che era anche molto lontano da un pareggio di bilancio».
Secondo lei che futuro avrà un basket che richiede a una sola persona di farsi carico, sempre e comunque, delle le spese di un club senza aiuti né senza sponsorizzazioni?
«Roma è una realtà a parte. Se si escludono due o tre società le altre si sono organizzate in consorzi, trovando più investitori e gruppi imprenditoriali per sostenere le spese. La Capitale offre tante opportunità di diversificare i propri interessi in altri sport. Inoltre, fondamentalmente soffre della mancanza di organizzazione e di strutture».
In quanti le hanno fatto promesse di aiuto senza poi mantenerle?
«Le responsabilità sono le mie, non sono abituato a scaricarle su altri. Non cerco scuse. Un errore che ho fatto è stato quello di non fermarmi prima. Ogni stagione andava peggio e con meno soddisfazioni da parte mia e del pubblico. La verità è che la Virtus da anni non ha trovato uno sponsor. Se senza sponsor, con i soli ricavi del botteghino e dei diritti tv, si riesce a coprire solo il 30% di un budget già molto ridotto, evidentemente qualcosa non poteva funzionare. Non si poteva andare avanti».
Perché, sapendo questo, ha iscritto la Virtus alla serie A in estate?
«C’erano due trattative per la cessione alle quali ho voluto dare fiducia. Sbagliando. Per me l’idea di lasciare Roma senza basket era una sofferenza. Al di là del fatto economico, per me la Virtus ha rappresentato vent’anni di vita che oggi ho visto distruggersi davanti ai miei occhi».
Che altri errori pensa di aver commesso?
«Nel passato l’unica cosa che mi rimprovero ancora è quella di non aver creato un centro sportivo Virtus che potesse portare più aggregazione e identificabilità al club. E anche non aver fatto crescere un settore giovanile della Virtus».
La Federazione le ha inflitto 600.000 euro di multa. Se non paga, il codice Fip verrà cancellato e la Virtus non potrà prender parte ad alcun campionato federale. Cosa farà?
«Ora non lo so. Bisognerebbe però pensare anche al momento economico che sta vivendo tutto il Paese. Dovremo fare un’analisi dei costi che servono per tenere in vita la società».
Le critiche pesanti dei tifosi quanto la feriscono?
«Il tifoso ha il diritto di dire ciò che vuole. Io posso avere delle colpe, ma non posso essere condannato a portare avanti una squadra per tutta la vita in mancanza di ricavi e di sostegno economico».
Chi erano questi americani con cui ha sperato sino all’ultimo di chiudere la trattativa per la cessione della Virtus?
«La società si chiama “Kia investment”. Essendo un fondo di investimento, ha provato ad ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Forse non gli bastava neppure che stessi cedendo il club gratis: magari gli americani volevano che io potessi andare avanti per mesi a sostenere le spese».
Cosa le rimane di questi venti anni?
«In questo momento l’amarezza è il sentimento più grande che sto provando. Io capisco gli attacchi di tutti, però vorrei che si provasse a ragionare su quella che è la reale situazione del basket a Roma…»